venerdì 23 settembre 2011

La Vigna di San Martino

Il lavoro dei monaci al servizio delle future generazioni

Il primo esempio di paesaggio napoletano vincolato come un monumento

I turisti che raggiungono la città di Napoli dal mare sono accolti da una immagine da cartolina, l’eremo di Sant’Elmo che domina una distesa di alberi e piante verde e fertile.
Questo baluardo di natura incontaminata è noto come Vigna di San Martino.
Raggiungere la vigna è di per se una scoperta. L’ingresso è dal Corso Vittorio Emanuele, al civico 340. Vale a dire a due passi da una arteria di traffico solitamente sovraffollata di autoveicoli, a cinquanta metri in linea d’aria dai caotici Quartieri Spagnoli.
Basta inerpicarsi per poche decine di metri e si ha l’impressione di aver compiuto un viaggio nel tempo, essendo catapultati in un’epoca che precede la rivoluzione industriale.
I sensi sono colti di sorpresa, i cittadini non sono abituati a provare taluni stimoli a due passi da casa.
La vista è resa calma dal verde delle foglie, suggerisce poesie. Il panorama abbraccia per intero il golfo di Napoli, si ha come l’impressione che il Vesuvio e la Vigna di San Martino cerchino un contatto utile a spezzare il continuum di cemento che le divide.
Nell’aria sono presenti gli odori delle foglie di ulivo, dell’erba appena tagliata, gli olii essenziali degli agrumi.
Anche i rumori della strada sono abbattuti all’interno dei sette ettari della vigna. Così anche il rumore di una lucertola che si dilegua nella sua tana diventa percepibile.
Intanto le specie di uccelli che cercano riparo si librano alte nel cielo e le api ci sibilano intorno alla ricerca di nettare.
E’possibile toccare con mano la delicatezza di una foglia, capire quanto è coriaceo un ramo fresco di ulivo, passeggiare e sentire le scarpe che affondano nel terreno.
Strappare un mandarino può significare comprendere il vero significato della parola biologico: in un assaggio l’armonia del gusto si esprime grazie all’assenza di chimica superflua.
Per queste ragioni la lungimiranza del suo attuale proprietario, Giuseppe Morra è stata premiata dal decreto n. 851/2010 del Ministero per i Beni Culturali che fa della Vigna di San Martino un Bene monumentale di interesse storico, architettonico e paesaggistico.
Una decisione che rende giustizia agli amanti della natura di Napoli, considerando che questo squarcio di città è il primo che gode di una simile attenzione.
La vigna di San Martino è coltivata con devozione da sei secoli, è la collina dove i monaci “evadevano” periodicamente secondo la regola del loro fondatore, san Bruno.
Oggi per i proseliti delle scampagnate basta andare sul web e diventare “amici della Vigna di San Martino”.
Da un anno la proprietà collabora con il GAS Piedi Per la Terra che accompagna scolaresche e gruppi di adulti a scoprire i segreti della vendemmia e della raccolta delle olive.
Diffondere la cultura della civiltà contadina significa spiegare le radici della nostra civiltà e dare valore al livello di esperienza necessario per fronteggiare le avversità inaspettate.
I partecipanti all’ultima raccolta delle olive raccontano dell’attacco da parte di uno sciame di vespe.
“Avevano costruito il nido in un rilievo del terreno, praticamente sottoterra. E’bastato un colpo di vanga perché iniziassero a sciamare numerose ed arrabbiate. Solo la prontezza delle istruzioni dei nostri responsabili ha limitato i danni a qualche puntura. Innanzitutto sono stati messi a debita distanza tutti i bambini che c’erano, poi con un panno arroventato, legato ad una lunga asta di legno è stato fatto abbastanza fumo da arginare il problema, fossero stati presenti solo cittadini, le cose potevano andare molto peggio.”

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